giovedì 9 dicembre 2010

Cucina libera


Un pasto si può definire libero solo se garantisce quattro "libertà fondamentali":

Libertà 0 libertà di eseguire la ricetta a proprio piacimento e per qualsiasi scopo legittimo.
Libertà 1 libertà di studiare la ricetta e modificarla.
Libertà 2 libertà di ridistribuire copie della ricetta in modo da aiutare il prossimo.
Libertà 3 libertà di migliorare la ricetta e di distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio.

martedì 7 dicembre 2010

Ricetta pasta pizza in Irlanda

Ingredienti quantità pasta due pizze formato standard pizzerie italiane:

250 g farina "Allinson premium white very strong" la trovi solo alla Tesco e non in tutte
250 g "Semola di grano duro rimacinata De Cecco" la trovi solo a Dublino nel negozio dove vendono roba italiana vicino Grafton Street
250 g acqua riscaldata leggermente con il kettle
1 cucchiaio di sale marino
1 cucchiaio di zucchero
2 cucchiai di olio di oliva
50 g di lievito di birra che mi procuro in qualche bakery, non l'ho mai trovato in alcun supermercato e non is supposed to be sold, ergo devi chiederlo esplicitamente al panettiere di turno

Strumenti:

1 bilancia
2 recipienti in vetro semisferici
2 bicchieri di vetro
1 forchetta
1 cucchiaio
1 spianatoia di marmo
1 forno ventilato
1 scodella o piatto fondo
1 teglia di metallo antiaderente circolare con i fori, la trovi al Dunnes per 4 euri  o da Woodi's a 3.99 euri

Procedura:
  1. Misurare e miscelare sul piatto della bilancia farina, semola e cucchiaio di zucchero.
  2. Mettere in un bicchiere cucchiaio di sale e nell'altro lievito.
  3. Versare medesima quantità di acqua nei bicchieri e mescolare.
  4. Versare medesima quantità di composto punto 1. nei recipienti di vetro.
  5. Versare un bicchiere punto 2. in un recipiente punto 4. aggiungere 1 cucchiaio di olio ed iniziare a stemperare con la forchetta.
  6. Ripetere punto 5. con i rimanenti.
  7. Unire i composti risultanti al punto 6. (vai al punto 8. facoltativo) ed impastare.
  8. Separare il composto al punto 7. ed impastare separatamente.
  9. Rimettere la pasta dentro il/i recipienti di vetro e metterla in un luogo umido e tiepido (che può essere il forno con un ulteriore recipiente pieno di acqua bollente) a lievitare per 3 ore.
  10. Impastare nuovamente dando la forma della pizza, mettere sulla teglia forata ed infornare a forno ventilato già caldo 250° C per 10' almeno.
  11. Due fasi di cottura: la prima solo col pomodoro, la seconda quando il pomodoro si è cotto verso 5'/6' aggiungendo altri condimenti a volontà.

martedì 21 settembre 2010

Appunti

1. Internet come massa di informazioni non filtrate-selezionate-organizzate.
2. Il problema e' l'individuazione dei criteri per la scelta dei filtri. Pratica della decimazione.
3. La censura e' impedire che un'informazione circoli, mentre filtrare e' giudicare l'informazione che circola.
4. Se la scelta di filtri e' demandata alla comunità dei dotti, di cui possiamo solo fidarci, chi ci garantisce che il filtraggio sia stato ragionevole? In questa comunità, infatti, non c'è un principio democratico ma si richiede solo la fiducia da parte di chi non appartiene a questa comunità ovvero la maggioranza delle persone che ne sono escluse.
5. Internet come potenziale fonte inesauribile di risorse-soluzioni-risposte a problemi secondo la specificità di ogni contribuente.
6. Ognuno ha competenze specifiche. Il problema e' trovare il modo per collegarle, organizzarle e renderle utilizzabili da chiunque.
7. Il problema allora sarà  la riduzione di tutte le informazioni a denominatori comuni che ne permettano la comunicabilità e l'interazione.

I punti suddetti si rifanno sostanzialmente alla seconda parte di questa intervista.

lunedì 5 luglio 2010

Questo o quello?

Vivendo da un po' di anni in Irlanda ho constatato parecchie volte che molte delle presunte regole grammaticali apprese in Italia si scontrano con l'evidenza dei fatti linguistici di coloro che invece hanno appreso la lingua inglese in modo naturale ovvero di coloro che sono madrelingua.
Mi è stato detto che, almeno nella dimensione spaziale, "this" significa "questo" e che "that" significa "quello", semplice no? Ed invece no. Noi Italiani quando dobbiamo scegliere tra "questo" e "quello" usiamo come criterio distintivo la quantità di spazio che separa il parlante da ciò che viene indicato con "questo" o con "quello".
Esempio: se dico "questa penna" la penna di fatto si trova ad una distanza che può variare da zero, a contatto quindi col mio corpo (ho la penna in mano), a X, limite alquanto arbitrario oltre il quale inizierò a dire "quella penna".
Ho scoperto a mie spese, scontrandomi con gli usi di fatto degli irlandesi, che loro non usano il suddetto criterio italiano nella scelta tra "questo" e "quello" quando devono scegliere tra "this" e "that".
Esempio: se un irlandese dice "this pen" la penna si troverà solo a quella distanza che ho chiamato zero, cioè a contatto con il corpo, se, d'altro canto, lo stesso parlante dice "that pen" la penna si troverà a qualsiasi distanza dal parlante esclusa la distanza zero.
Ricapitolando se un italiano dice "questa penna" significa che può averla in mano come pure no se, invece, un irlandese dice "this pen" ha la penna in mano altrimenti userebbe "that pen". 
Desidererei ricevere conferme o smentite di questo fatto.  Fate la prova con gente madrelingua inglese. Il mio scopo è pervenire all'individuazione precisa del criterio distintivo irlandese per la scelta tra "this" e "that". Grazie.

martedì 29 giugno 2010

Sforzo ermeneutico

Il lettore capisce quello che può e che vuole capire. Esempio: se io scrivo termini come "anacoluto", "serendipità" o "sineddoche", fra coloro che leggono questo post ci sarà chi conosce già il significato di queste parole e chi no.
Soffermiamoci sulla parola "serendipità"; può darsi che tra i miei lettori ci sia qualcuno che non abbia mai sentito nominare questa parola, come pure qualcuno che su questo termine abbia svolto una tesi di laurea. 
Ora non mi interessa il caso di colui che ha scritto la tesi bensì quello di colui che non saprebbe nemmeno affermare se "serendipità" sia effettivamente una parola italiana.
A questo punto, visto che questo post non sembra avere come oggetto la serendipità, il lettore si troverà davanti ad una scelta: rimanere nell'ignoranza (per vari motivi fra i quali pigrizia, fretta, menefreghismo, ecc.) oppure fermarsi per andare alla ricerca del significato di questa parola.

martedì 22 giugno 2010

RCA Rifiuto con affetto

Mi sento in dovere di pubblicizzare questa idea visto che mi chiama in causa in prima persona.
Dovrebbe esserci qualcosa di analogo ma su scala globale utilizzando la rete, una sorta di piattaforma tipo e-bay dove, invece di vendere-acquistare, si da' e si prende. 

mercoledì 17 marzo 2010

Ancora a proposito della cratica

Piu' ci penso e piu' me ne convinco. La maggior parte dei pensieri che faccio non sono affatto pensieri miei ma sono pensieri di altri che ho appreso e che ripeto nella illusione che siano miei.    
Cosa intendo dire? La maggior parte dei miei pensieri sono gia' stati fatti, sono percorsi logici che qualcun altro ha gia' percorso prima di me e sicuramente meglio di me.
Nota fondamentale: per pensieri intendo pensieri logici cioe' verbali e quindi comunicabili, non intendo affatto fantasie, impressioni, senzazioni a meno che queste non siano verbalizzate, non intendo nemmeno intuizioni.
Le stesse cose che sto affermando ora non sono, propriamente, mie. Qualcun'altro avra' sicuramente gia' fatto questo stesso mio percorso logico e sicuramente meglio di me, io non sto facendo altro che ripeterlo piu' o meno consapevolmente, se non addirittura copiarlo. Cio' che scrivo, infatti, e' una elaborazione personale di cio' che ho letto, ascoltato, visto, ecc. ecc. Ma anche quella che chiamo "elaborazione personale" non e' altro che il risultato di possibilita' combinatorie secondo le regole datemi dalla lingua che uso, nello specifico quella italiana.
Il fatto e' che i nostri percorsi logici, i pensieri hanno valore anche e soprattutto in base alla loro capacita' di influenzare la nostra vita. Ora, per economia ma soprattutto, dico io, per pigrizia, alla maggior parte delle persone sembra inutile sprecare energia nell'elaborazione di nuovi percorsi mentali quando trova gia' bell'e pronti dei percorsi logici, fatti da altri, che si adattano alla meno peggio alla realta' per far fronte ai bisogni quotidiani piu' basilari.
Non voglio giudicare negativamente questo modo di pensare acritico, anzi in moltissimi casi e' utilissimo, ogni sistema sociale si basa in fin dei conti su di un meccanismo del genere.
Evidenzio solamente un "pro" ed un "contra" di questa situazione. Pro: come ho appena accennato ogni sistema sociale funziona e si conserva grazie soprattutto al fatto che la maggior parte delle persone appartenenti a quel sistema condivide e pratica i medesimi percorsi mentali. Contra: nel sistema sociale detiene il potere chi conosce e sa utilizzare al meglio questo meccanismo.

Conclusione: la mia preoccupazione, ora, non e' tanto trovare il modo per essere a tutti i costi pensatori originali, quanto sondare la possibilita' di un sistema sociale che tramite la condivisione e la pratica dei medesimi percorsi logici non porti inevitabilmente ad una gerarchizzazione del sistema stesso ovvero a coagulazioni di potere cancerogene.

giovedì 4 febbraio 2010

lunedì 1 febbraio 2010

Sempre a proposito della cratica


Un sistema coercitivo che non ammette forme di protesta o critiche non si autoconsidera violento, semmai  ordinato o rigido; questo sistema si vede costretto ad usare la forza solo contro chi osa ribellarsi. Quindi tale sistema parla di violenza, connotata negativamente, solo quando riceve attacchi ed invece parla di controllo, ordine, prevenzione ed al massimo di repressione,  se proprio deve esercitare la forza, sempre e solo, ovviamente, per il bene comune: termini quest'ultimi tutti con connotazioni, se non prorpio positive, almeno neutre.
Il punto della questione allora non e' violenza si o violenza no ma vedere chi detiene il potere di attribuire-descrivere un determinato fatto o stato di cose con certe parole evitandone altre; fare cio' significa detenere il potere di decidere quali connotazioni far valere attraverso la scelta delle parole.
Attenzione: quando parlo di "connotazione delle parole" intendo la loro colorazione emotivo-affettiva. 
Si tratta cosi alla fine di vedere chi detiene il potere dell'effetto-efficacia emotiva sugli uditori attraverso la scelta delle parole o della favola opportuna da raccontare.
Ci sarebbero tante altre cose da dire e tanti altri approfondimenti da fare sulle cose gia' dette ma mi fermo qua perche' e' tardi.